Davide D'Urso, Il paese che non voleva cambiare

18-09-2007
Ritratto impietoso di un paese del Sud, di Geppina Landolfo
 
Uno sguardo pacato, che raccoglie la realtà senza fulminarla con giudizi. Così Silvio Perrella, presidente della Fondazione Premio Napoli, ha sintetizzato la prova letteraria d’esordio di Davide D’Urso (i due nella foto). Si tratta di una raccolta di racconti, Il paese che non voleva cambiare, edita da Manni editore, e presentata alla libreria Mondadori, in via Benedetto Croce, dallo stesso Perrella e dall’autore. D’Urso, trentenne, napoletano della provincia, con una laurea in giurisprudenza in tasca, non è nuovo alla scrittura. Spotwriter, ha ricevuto apprezzamenti dalla critica per il suo primo cortometraggio Il contadino.
I suoi racconti delineano il ritratto di un paese, esaltandone identità e differenze con le grandi città, passandone al setaccio, in modo anche impietoso, le caratteristiche negative. Con una novità, rispetto a quella che oggi viene chiamata “letteratura del sud”. «Nei racconti di D’Urso – ha spiegato Perrella – l’aspetto più interessante è la mancanza del desiderio di giudicare. Piuttosto c’è una pulsione da parte dello scrittore a raccontare ciò che vede». Filo conduttore dei racconti, la presenza di Marco, un personaggio che appare qua e là, dà il suo punto di vista sugli argomenti trattati e che finisce per essere uno strumento per dare vita alle storie: vero alter ego dello scrittore. Unica assenza nel racconto La collana di perle, che apre la raccolta, e ricostruisce una terribile cena in famiglia. «Tra i racconti, è sicuramente il più crudo. Marco non c’è – ha detto D’Urso – perché non volevo che fosse parte degli errori di una generazione, quella del dopoguerra, che ha consegnato alle successive una società distorta. Negli altri tre, prevale, invece, una visione più solidale della realtà». Come in Donne con gli occhi chiari, in cui una ucraina, Irina, si trova a dover scegliere tra due possibili storie: quella con una persona anziana, che potrebbe toglierla dalla strada e darle tranquillità economica, e quella con un coetaneo, cui è legata da passione e sentimenti. Quando Irina troncherà la loro relazione, lui tornerà a casa felice, certo che sia un semplice litigio. «Si tratta di un racconto sull’eterno equivoco della vita – ha spiegato D’Urso –, sugli obiettivi che, nel tempo, appaiono sempre più lontani. Ma è anche un gioco di contrasti sentimentali, da cui viene fuori quella poesia del vivere determinata, spesso, dall’odore delle pareti ammuffite».