La stanza di Garibaldi

La stanza di Garibaldi

copertina
anno
2005
Collana
Categoria
pagine
320
isbn
88-8176-692-2
17,10 €
Titolo
La stanza di Garibaldi
Prezzo
18,00 €
ISBN
88-8176-692-2
nota
selezionato al Premio Strega 2006 e vincitore del Premio Internazionale Arché 2006

Questo romanzo familiare è un atto di fiducia gloriosa nella memoria, non tanto turbinoso fiocco di neve, quanto "rete distesa" che raccoglie i pesci del pensiero, ne fa nutrimento per il presente e, dopo averli affumicati e distesi fra foglie profumate, li conserva come prezioso cibo per il futuro.

I giudizi di selezione al Premio Strega 2006

Un romanzo di iniziazione? Una saga familiare? Il ritratto a tutto tondo di un uomo “muto” e solitario, votato a Dio per disperazione e abbandono? Il libro di Claudia Patuzzi è un atto di fiducia gloriosa nella memoria, non tanto turbinoso fiocco di neve, quanto “rete distesa” che raccoglie i pesci del pensiero, ne fa nutrimento per il presente e, dopo averli affumicati e distesi fra foglie profumate, li conserva come prezioso cibo per il futuro.

Ho segnalato por il premio Strega il romanzo di Claudia Patuzzi La stanza di Garibaldi innanzitutto perché è scritto bene, in modo chiaro ed essenziale, comprensibile e mai banale, cosa rara ai nostri giorni. Ho trovato in questo libro una forte istanza di verità e, allo stesso tempo, di ricostruzione e reinvenzione proustiana di quasi cent’anni di vita passata individuale, familiare e collettiva. Attraverso la figura di uno zio “vinto”, che oggi chiameremmo emarginato o diverso, veramente esistito, l’autrice scopre se stessa. Il viaggio a ritroso nel proprio passato europeo e familiare è dunque, ancora una volta, la discesa all’Ade, per trovarvi il senso più profondo e misterioso dell’esistenza. Ma per far questo Claudia Patuzzi adotta una lingua inconsueta, scorrevole e densa, classica e originale. Ho segnalato questo libro in conclusione, perché va controcorrente, perché costringe il lettore a riflettere e a mettere in gioco i propri sentimenti.

Vincenzo Consolo

La stanza di Garibaldi prende spunto da una storia familiare veramente accaduta e dalle lettere che il protagonista, il belga Ghislain Balthasar, scrive alla giovane nipote italiana (...) Pur essendo tratte da una corrispondenza reale, queste lettere, trasformate dalla scrittrice, sono il pretesto e i filo conduttore per collegare le vicende di tre generazioni che si succedono agli inizi del Novecento sullo sfondo degli avvenimenti che cambiano la storia dell’Europa. Ambientato nel Belgio e nelle Marche, è la storia del rapporto tra una famiglia belga e una marchigiana che ruota intorno al destino del protagonista, figlio illegittimo di Josephine che da Anderlecht, sobborgo della vecchia Bruxelles, andrà a vivere nella casa del secondo marito italiano, un ricco industriale di Macerata. Questa casa, dove dormì per quindici giorni Giuseppe Garibaldi e dove è cresciuta la nipote che continua a sentire le suggestioni dì un’infanzia e di un’adolescenza passata tra il giardino e le vecchie mura, è il teatro dalle vicende che si intrecciano intorno a Ghislain. L’architettura del libro è come quella di un labirinto in cui l’autrice ci guida fino alla scoperta dell’uscita segreta. Costruito su vari piani, il romanzo è un epistolario che si incrocia con le memorie dell’autrice, dove il passato si mescola al presente (...) È un romanzo molto moderno ma, nello stesso tempo, con la struttura ottocentesca (si sente forte la lezione di Proust e anche di Balzac), in cui le vicende familiari si confondono con gli avvenimenti di un secolo. Le due guerre, i conflitti sociali, le crisi della borghesia. Come scrive Dacia Maraini nella postfazione, la memoria del romanzo è “perfettamente compiuta e geometrica”. C’è una notevole sapienza nella scrittura dove si alternano il dialetto corso e marchigiano, il francese e l’italiano. Il “segreto” che ha condannato Ghislain come “frutto del peccato” secondo la morale ipocrita del nonno Cyrille, che l’ha costretto a vivere solitario in un collegio di preti, a diventare “fratello cristiano” e a votarsi a un perpetuo celibato, è il motivo che spinge la nipote a raccontare come egli riesca a liberarsene. Nella stanza, dove sono conservati i cimeli della breve permanenza dell’eroe (il berretto, la camicia rossa), Ghislain trova in un cassetto le prove dell’ingiustizia subita, scopre chi era la madre e si libera di un passato di cui era stato vittima e prigioniero (…) In quella stanza, in quella casa, la scrittrice fa vivere le sue rievocazioni in un’atmosfera poetica quasi di magia che ci fa pensare alla Elsa Morante dell’Isola di Arturo, ma soprattutto della Storia come un modello a cui essa si sia ispirata.

Giovanni Russo