Rosemary Jadicicco, Frammenti di vetro

28-07-2005

Jadicicco e i frammenti di un discorso di vetro, di Costanza Falanga


Dal futurismo a Mallarmè, fino all’ermetismo, il frammento è la forma poetica con cui si confronta la modernità lirica. Frammento che spezza e frantuma il verso, la cui brevità mette in evidenza la parola poetica. E Frammenti di vetro, titolo della raccolta di poesie di Rosemary Jadicicco (Manni, pagg. 62, euro 8) ripropone l’ennesima variazione modernista sul tema. Nei versi della poetessa napoletana, infatti, «la categoria filosofica del frammento» come scrive nella prefazione Nicola Vacca «esplora le ferite della nostra epoca, esamina il grande freddo della storia, ascolta i battiti più remoti del cuore per tracciare una mappa interiore del divenire». Ordine prestabilito e casualità frantumata, ragione e sentimento, ricordo e oblio, guerra e pace, nebbia e colori, oscurità e ricerca di luce sono i poli opposti dentro i quali si muove la poesia della Jadicicco, insegnante e giornalista pubblicista.
Da un lato la minaccia della distruzione cosmica, il «muto urlo dell’essere», «il vento dell’indifferenza», una notte simbolica, dall’altro la paziente, tenace ricerca d’una via d’uscita, inseguita nel «fuoco sacro dell’umanità», nel «residuo poetico», nel «diamante incastonato nel fango», nello sbocciare della natura (i glicini e le betulle, la rosa selvatica e le violette). Poesia dilemmatica, dunque, che «senza mai perdere di vista il contingente» si «avventura nel labirinto del mondo», alla ricerca di una «equidistanza» che ritrovi la «magia di una parola/in assenza di senso», e con un ostinato sogno di leggerezza (come in Icaro, Acqua di rose e Nudità) il cui risultato complessivo non è, però, privo di alcune cadute sentimentali e ingenuità retoriche.